Esplorazioni sulle verdi colline di
Gozo 2
By Anthony Withdown
"Condividere l'esperienza di un cammino, unisce le persone che lo affrontano, per il resto della vita. Capire chi siamo e dove si vuole andare, però è un esperienza che va vissuta da soli" Anthony Withdown
19/3/17 Domenica
Oggi è una bella giornata, sole e l’immancabile venticello,
come ieri parto verso le 12,00. Non è per pigrizia, ma l’umidità della notte
bagna tutto e a quest’ora sarà asciutto. Sto con un jeans e scarpe da
ginnastica, il mio abbigliamento da trekking è rimasto in Italia, spero di
portarlo qui dal mio prossimo rientro patrio in Aprile. Arrivo all’ingresso del
Yellow Red Trail, dietro dei cespugli fa capolino il mio bastone contorto, il buon vecchio Woody, sono
contento di rivederlo. Si parte, risalgo per la prima volta il sentiero da
questo verso. C’è sempre quella tribuna di fiori ed erba che mossi del vento mi
fanno la hola di benvenuto. Alla mia sinistra, in alto vedo la mia collina, per
ora sconosciuta, alla mia destra una vallata che conduce alle porte di Victoria
e alle pendici della collina dove è appollaiata la Cittadella. L’unico disturbo
visivo è un cementificio sulla strada che da Victoria sale verso Zebbug, brutto
da dire brutto, tutto sgarrupato e polveroso, con dei poveri cristi che ci si
guadagnano da vivere, ma non oggi, oggi è domenica anche per loro. Sempre
salendo sulla mia destra il cementificio, per fortuna scompare, coperto da un
mini boschetto con all’interno l’immancabile torretta di appostamento. Dopo 15
minuti dalla partenza, arrivo alla First Shadow. Come da programma, voglio
prima fare un tentativo per ritrovare i miei occhiali perduti il giorno prima.
Ripercorro a ritroso i miei passi, cercando di ricordare le svolte e i passaggi
con gli occhi fissi al terreno. Dopo altri 10 minuti arrivo alla Second Shadow,
anche li cerco ma invano. Ok mi dico o stanno alla torretta nascosta tra
l’intricata vegetazione o dimentichiamoli.
Ricordo per fortuna l’esatto percorso, anche il passaggio nascosto tra le piante giganti di fichi d’india e sempre concentrato sul terreno, arrivo alla base della Honey Tower. Penso, ora salgo e li troverò li poggiati sul parapetto nel momento in cui ho fatto le foto. Seee magari fosse così facile, niente da fare, li sopra c’è solo un meraviglioso paesaggio che mi accoglie. Basta, ho perso già troppo tempo per dei consumati, occhiali da sole in plastica, si comincia a fare sul serio. Uscendo dall’intricato labirinto di fichi d’india, mi torna in mente un flash: “dov’è che sono caduto ieri?”. Mi guardo attorno, ieri avevo sbagliato strada per poter arrivare alla Honey Tower, ero passato tra delle rocce instabili che non portavano a nulla, le cerco. Si mi sembra di ricordare questo posto, salgo e scendo con attenzione e poi dietro degli arbusti ritrovo le grandi pietre tremolanti, guardo attentamente, ma non ce n’è bisogno, adagiati soavemente sopra un cespuglio erboso, ci sono i miei benodiati occhiali che mi fanno l’occhiolino. Rido tra me e me e ringrazio non so cosa, un affettuoso bacio e via dritti nella tasca chiusi dalla zip. Avrò perso in tutto 20 minuti per la ricerca, ma in fondo li avrò persi veramente quei minuti? Ora in fretta, cominciamo sul serio, supero la Second Shadow e attraverso la First Shadow. Sono alla base della collina senza nome. Prima di cominciare la salita ignota, mi giro verso valle e vedo questo paesaggio sconvolgente, che dire non ci sono parole per descriverlo, faccio qualche foto per non dimenticare. Riguardandole mi sembra di essere li.
Ritorniamo
coi piedi per terra, devo salire su questa benedetta collina senza nome. Come
la precedente BBHill, non ha evidenti punti di attacco. La costeggio
o forse meglio dire la collineggio, sul lato sinistro, quello più abbordabile.
Tra me e la parete ci sono una ventina di metri, costellati di detriti
ricoperti di vegetazione, arbusti intricati, piante di fichi d’india di ogni
dimensione e muri a secco semi crollati che delimitano il nulla. Alla mia
sinistra più in basso, c’è una piccola coltivazione di cipolle. Pure qui?
Penso. Ma la cosa nuova è che c’è un essere umano, immobile, seduto di spalle a
contemplare l’orticello e il panorama. Chissà se si sarà accorto di me. Quasi
quasi rompo il ghiaccio e gli chiedo se conosce un modo per salire sopra la
collina. Nel silenzio pacifico della situazione alzando la voce dico con il mio
zoppicante inglese “Good morning…sorry…” Il tipo si volta verso di me, è
vestito in modo strano con in testa un copricapo strampalato tipo aviatore. Mi guarda per
un nano secondo, si alza e muto se ne va! Quasi scappa, in poco tempo sparisce
tra la vegetazione, io rimango come un imbecille ancora col ditino alzato nel chiedere l’informazione. Gente strana, penso, forse credeva fossi il padrone
dell’orticello e che l’avessi colto in flagranza di spuntino cipollesco. Vabbeh, mi arrangerò lo
stesso. Mi riconcentro sulla collina, da una torretta in pietra posta sulla
sommità della collina senza nome, vedo
una spaccatura in diagonale sulla roccia, sembra un passaggio per arrivare in
cima e sembra percorribile. Mi faccio strada tra le sterpaglie, e attacco a
salire. Mi ci è voluto più tempo a pensarlo che a farlo, in un attimo sono
sopra, proprio sotto la torretta.
La
collina è molto più grande della BBHill, sarà come due campi di
calcio affiancati, una gigantesca portaerei. E’ piatta con tanta vegetazione,
muretti e torrette di sassi, sia lungo
il perimetro ma anche all’interno. Anche qui è pieno di fiori e di profumi.
Cespugli bassi di timo che nasce
spontaneo dappertutto, sono un'altra caratteristica ricorrente di queste
magnifiche opere della natura. Salgo sulla torretta e mi affaccio verso sud.
Sempre una meraviglia per gli occhi. Aguzzando la vista, vedo una seconda
figura umana. Sta accovacciata proprio nel punto dove si sale per la BBHill,
ai margini del campo di grano. Ma è la stessa persona di prima! Penso tra me e
me. Si è proprio l’essere misterioso che era sparito nel verde poco prima. Guardando meglio, capisco che è un cacciatore, appostato, immobile come un
sasso in attesa di chissà quale preda. Qui a parte uccellini, api e farfalle
non c’è altro. Che situazione assurda, con tanta bellezza da vivere, starsene
pietrificato sotto il sole per cosa poi? Lasciamolo alla sua pena e continuiamo
la passeggiata nella piazza verde. Prima però un altra occhiata al sud conosciuto.
In quella pace assoluta, arriva un messaggio sul telefonino.
E’ Sara, mia figlia, che precedentemente tanto avevo pregato di venire ma come
al solito invano. Mi chiede di portargli un sasso ricordo della collina. Gli
rispondo naturalmente di si e cerco di fargli capire cosa si è persa. Lo so, mi
scrive, ma vedrai che un giorno mi ci porterai. Sarà, Sara, penso. Dopo, il
benedetto sasso glielo cerco, ora continuiamo l'esplorazione. Percorro prima il bordo in senso
antiorario, anche qui come nell’altra collina più in basso, paralleli al
costone ci sono piccoli crepacci non più larghi di un metro per una decina di
lunghezza, profondi abbastanza per farsi male. Quindi massima attenzione,
specialmente quando si è incantati dal paesaggio circostante. Queste lingue di
roccia separate, sembrano ancora solide
ma consiglio a chi vuol fare
escursionismo qui su, di evitare di camminarci sopra, prima o poi verranno giù,
non acceleriamone il nefasto evento. Incontro vari muretti bassi circolari, le famose torrette,
qui in realtà sono più che altro dei ripari frangivento. Proseguendo la
camminata verso il panorama sulla vallata per Marsalforn, trovo un abbozzo di
sentiero che scende giù in direzione della First Shadow, anche se sparisce in un
labirinto di vegetazione. Dopo quando dovrò ridiscendere, proverò a
percorrerlo, probabilmente è un accesso più facile alla cima. Nella mia
osservazione dal basso mi era sfuggito. Ancora pochi metri e l’affaccio sulla
vallata è spettacolare, si vede anche il mare, lontano, blu in tutt’uno con il
cielo.
Immortalo una piccola guglia staccatasi da madre collina per
cercare la sua strada nel fondovalle. Proseguo il cammino ogni tanto guardo l’altopiano
interno, si vedono degli alberi, muretti a secco, torrette e un mare d’erba e
fiori.
Dopo un paio di tornanti del sentiero arrivo alle
coltivazioni. Sono campi di cipolle, ordinate scrupolosamente con i loro pennacchi verdi che ballano nel vento. Vicino alla costruzione c’è un pozzo circolare di
un paio di metri di diametro, con sopra una grata. Avvicinandomi al bordo in
muratura, mi viene in mente un film dell’orrore. Ora mi affaccio e vedrò degli
escursionisti curiosi prigionieri del contadino enigmista! Niente, solo acqua
stagnante, per fortuna! Al posto dei turisti ci sono invece una decina di
pesciolini rossi che scappano nel vedermi. Tutto intorno alla casetta disabitata,
alberi di limoni carichi di frutto. Ne prendo uno per ricordo e lo infilo in
tasca a far compagnia agli occhiali. Basta con tutta questa civiltà, ritorniamo su a
far respirare l’anima. Risalgo velocemente il sentiero e continuo il cammino
odoroso, dopo pochi metri mi imbatto in un campetto coltivato a cipolle. Allora sto contadino rompe veramente, penso. Ma possibile che per quattro cipolle, uno si deve spezzare la schiena fino a quassù? Se solo l'essere umano impiegasse un decimo del tempo che impiega a sfruttare la terra per salvaguardarla, forse oggi non avremmo questo disastro ecologico che abbiamo. Non voglio rovinarmi lo spirito con questi negativi pensieri, lascio le cipolle al loro destino culinario e proseguo fino a raggiungere il versante nord della collina.
Anche qui vista
magnifica, dietro l'orizzonte c'è la Sicilia la mia Italia, ci separano un ottantina di chilometri, in giornate terse se ne vedono le coste, e di notte le luci. Restando sull'isola invece, in fondo vedo un'altra collina tipica, la pianificherò per le
prossime escursioni, non vedo l’ora di salirci per vedere finalmente, dopo tutto questo verde, solo l'azzurro del mare!
Sulla parte sinistra della foto si intravede l’abitato di
Zebugg, altro paese caratteristico dell’isola, con vedute mozzafiato di splendidi
tramonti sul mare.
Anche se contrario dalla mia natura schiva, cedo alla tentazione di un selfie, così da mostrarvi con chi avete a che a fare.
Questo
programma di camminate, sarà importante per la mia salute sia fisica che mentale, mi permetterà di abbassare i miei elevati livelli di
colesterolo e al tempo stesso, alzare la mia smarrita autostima.
La direzione della
punta della pietra, indica la bella chiesa di Zebbug.
Girando invece lo sguardo verso l’interno del pianoro, i
colori indubbiamente cambiano. Mi ci dirigo, immergendomi nelle fragranze
primaverili.
Dopo qualche decina di
metri, il silenzio disturbato solo dal rumore del vento, cambia, sento un
continuo ronzio di sottofondo a coprire tutto. Mi ritrovo nel mezzo di un
impollinazione orgiastica di migliaia di api frenetiche. Con cautela torno sui
miei passi verso il più sicuro baratro della collina. Se mi avessero
considerato un intruso, questo resoconto ora non lo avrei scritto.
Nel versante
ovest il solito panorama verde azzurro, con all’orizzonte altre colline da
esplorare, poco più in basso a destra, il paese di Ghasri (si legge Asri).
Ritorno verso il punto di partenza, camminando sul lato sud.
Cespugli di timo combattono da sempre col vento come i soliti muretti bassi, immagino vi
sarete stancati di sentirli nominare. Eccone uno tutto per voi, così non vi
romperò più le scatole nel descriverli.
Di sassi è pieno, comincio a cercarne uno per mia figlia
Sara, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Mi ha chiesto, l’importante è che sia
piccolo, ci mancherebbe altro che ridiscendo con un blocchetto! Cercando,
vagliando e pensando, ritorno al nome da dare alla collina appena esplorata. La
collina delle cipolle, non se ne parla proprio, dopo quella delle fave, mica stiamo qui a fare l'elenco ortofrutticolo! La collina delle api (Bees Hill) non è male, potrei anche chiamarla “la collina
del sasso di Sara” (Sara’s Stone Hill), ma non se lo merita, quando
all’improvviso, chinato nella ricerca della pietra, un rumore a pochi metri mi
fa sobbalzare! Un coniglio nero salta fuori e in un batter d’occhio sparisce
oltre la cresta! Ancora non mi rendo conto se
fosse reale, da quanto rapida è stata l’immagine, ma c’era. Il fato è
sempre misterioso nei suoi accadimenti, e lo prendo come un segno ai miei
interrogativi. “La collina del coniglio nero” (Black Rabbit Hill), questo sarà
il nome della seconda collina. Speriamo solo di non averlo spinto incontro al cacciator silente giù da basso, non me lo perdonerei.
Trovo un paio di sassetti color rosso per mia figlia, ed uno più grande, sempre rosso, per me. Lo metterò su qualche mensola, nella mia casa Victoriana a testimonianza di questa Domenica alternativa.
E ora di andare, trovo il sentierino nel lato sud est, lo discendo con cautela. A parte un passaggio, prima tra rocce sgretolate e dopo nella macchia fitta, in cinque minuti sono nuovamente al fresco della First Shadow. Anche oggi ho saltato il pranzo e la scarpinata mi creato un certo languore di stomaco. Nonostante il ritardo, credo che una italica spaghettata al volo avrà i minuti contati!
Riprendo la via di casa, la ormai consueta Yellow Red Trail, assaporando la beltà pacifica della natura. Poco prima del nero asfalto civilizzato, nascondo tra i soliti cespugli, l'amico Woody, che anche oggi mi ha sopportato senza emettere suono. Dovrà aspettare almeno sei giorni, prima che riconosca la mia mano.
Domani si ricomincia la settimana lavorativa, sono sicuro che volerà, perché avrò sempre nella testa e nel cuore, questi due giorni intensi, i primi, dopo un anno di ambientamento, con la consapevolezza ora, di fare parte integrante di questo nuovo mondo e di questa nuova porzione di vita.