sabato 25 marzo 2017

Camminando per Gozo 2 - Walking to Gozo 2


Esplorazioni sulle verdi colline di Gozo 2
By Anthony Withdown

"Condividere l'esperienza di un cammino, unisce le persone che lo affrontano, per il resto della vita. Capire chi siamo e dove si vuole andare, però è un esperienza che va vissuta da soli" Anthony Withdown


19/3/17 Domenica

Oggi è una bella giornata, sole e l’immancabile venticello, come ieri parto verso le 12,00. Non è per pigrizia, ma l’umidità della notte bagna tutto e a quest’ora sarà asciutto. Sto con un jeans e scarpe da ginnastica, il mio abbigliamento da trekking è rimasto in Italia, spero di portarlo qui dal mio prossimo rientro patrio in Aprile. Arrivo all’ingresso del Yellow Red Trail, dietro dei cespugli fa capolino il mio bastone contorto, il buon vecchio Woody, sono contento di rivederlo. Si parte, risalgo per la prima volta il sentiero da questo verso. C’è sempre quella tribuna di fiori ed erba che mossi del vento mi fanno la hola di benvenuto. Alla mia sinistra, in alto vedo la mia collina, per ora sconosciuta, alla mia destra una vallata che conduce alle porte di Victoria e alle pendici della collina dove è appollaiata la Cittadella. L’unico disturbo visivo è un cementificio sulla strada che da Victoria sale verso Zebbug, brutto da dire brutto, tutto sgarrupato e polveroso, con dei poveri cristi che ci si guadagnano da vivere, ma non oggi, oggi è domenica anche per loro. Sempre salendo sulla mia destra il cementificio, per fortuna scompare, coperto da un mini boschetto con all’interno l’immancabile torretta di appostamento. Dopo 15 minuti dalla partenza, arrivo alla First Shadow. Come da programma, voglio prima fare un tentativo per ritrovare i miei occhiali perduti il giorno prima. Ripercorro a ritroso i miei passi, cercando di ricordare le svolte e i passaggi con gli occhi fissi al terreno. Dopo altri 10 minuti arrivo alla Second Shadow, anche li cerco ma invano. Ok mi dico o stanno alla torretta nascosta tra l’intricata vegetazione o dimentichiamoli.


Ricordo per fortuna l’esatto percorso, anche il passaggio nascosto tra le piante giganti di fichi d’india e sempre concentrato sul terreno, arrivo alla base della Honey Tower. Penso, ora salgo e li troverò li poggiati sul parapetto nel momento in cui ho fatto le foto. Seee magari fosse così facile, niente da fare, li sopra c’è solo un meraviglioso paesaggio che mi accoglie. Basta, ho perso già troppo tempo per dei consumati, occhiali da sole in plastica, si comincia a fare sul serio. Uscendo dall’intricato labirinto di fichi d’india, mi torna in mente un flash: “dov’è che sono caduto ieri?”. Mi guardo attorno, ieri avevo sbagliato strada per poter arrivare alla Honey Tower, ero passato tra delle rocce instabili che non portavano a nulla, le cerco. Si mi sembra di ricordare questo posto, salgo e scendo con attenzione e poi dietro degli arbusti ritrovo le grandi pietre tremolanti, guardo attentamente, ma non ce n’è bisogno, adagiati soavemente sopra un cespuglio erboso, ci sono i miei benodiati occhiali che mi fanno l’occhiolino. Rido tra me e me e ringrazio non so cosa, un affettuoso bacio e via dritti nella tasca chiusi dalla zip. Avrò perso in tutto 20 minuti per la ricerca, ma in fondo li avrò persi veramente quei minuti? Ora in fretta, cominciamo sul serio, supero la Second Shadow e attraverso la First Shadow. Sono alla base della collina senza nome. Prima di cominciare la salita ignota, mi giro verso valle e vedo questo paesaggio sconvolgente, che dire non ci sono parole per descriverlo, faccio qualche foto per non dimenticare. Riguardandole mi sembra di essere li.






Ritorniamo coi piedi per terra, devo salire su questa benedetta collina senza nome. Come la precedente BBHill, non ha evidenti punti di attacco. La costeggio o forse meglio dire la collineggio, sul lato sinistro, quello più abbordabile. Tra me e la parete ci sono una ventina di metri, costellati di detriti ricoperti di vegetazione, arbusti intricati, piante di fichi d’india di ogni dimensione e muri a secco semi crollati che delimitano il nulla. Alla mia sinistra più in basso, c’è una piccola coltivazione di cipolle. Pure qui? Penso. Ma la cosa nuova è che c’è un essere umano, immobile, seduto di spalle a contemplare l’orticello e il panorama. Chissà se si sarà accorto di me. Quasi quasi rompo il ghiaccio e gli chiedo se conosce un modo per salire sopra la collina. Nel silenzio pacifico della situazione alzando la voce dico con il mio zoppicante inglese “Good morning…sorry…” Il tipo si volta verso di me, è vestito in modo strano con in testa un copricapo strampalato tipo aviatore. Mi guarda per un nano secondo, si alza e muto se ne va! Quasi scappa, in poco tempo sparisce tra la vegetazione, io rimango come un imbecille ancora col ditino alzato nel chiedere l’informazione. Gente strana, penso, forse credeva fossi il padrone dell’orticello e che l’avessi colto in flagranza di  spuntino cipollesco. Vabbeh, mi arrangerò lo stesso. Mi riconcentro sulla collina, da una torretta in pietra posta sulla sommità della collina senza nome,  vedo una spaccatura in diagonale sulla roccia, sembra un passaggio per arrivare in cima e sembra percorribile. Mi faccio strada tra le sterpaglie, e attacco a salire. Mi ci è voluto più tempo a pensarlo che a farlo, in un attimo sono sopra, proprio sotto la torretta.




La collina è molto più grande della BBHill, sarà come due campi di calcio affiancati, una gigantesca portaerei. E’ piatta con tanta vegetazione, muretti e torrette  di sassi, sia lungo il perimetro ma anche all’interno. Anche qui è pieno di fiori e di profumi. Cespugli bassi  di timo che nasce spontaneo dappertutto, sono un'altra caratteristica ricorrente di queste magnifiche opere della natura. Salgo sulla torretta e mi affaccio verso sud. Sempre una meraviglia per gli occhi. Aguzzando la vista, vedo una seconda figura umana. Sta accovacciata proprio nel punto dove si sale per la BBHill, ai margini del campo di grano. Ma è la stessa persona di prima! Penso tra me e me. Si è proprio l’essere misterioso che era sparito nel verde poco prima. Guardando meglio, capisco che è un cacciatore, appostato, immobile come un sasso in attesa di chissà quale preda. Qui a parte uccellini, api e farfalle non c’è altro. Che situazione assurda, con tanta bellezza da vivere, starsene pietrificato sotto il sole per cosa poi? Lasciamolo alla sua pena e continuiamo la passeggiata nella piazza verde. Prima però un altra occhiata al sud conosciuto.


In quella pace assoluta, arriva un messaggio sul telefonino. E’ Sara, mia figlia, che precedentemente tanto avevo pregato di venire ma come al solito invano. Mi chiede di portargli un sasso ricordo della collina. Gli rispondo naturalmente di si e cerco di fargli capire cosa si è persa. Lo so, mi scrive, ma vedrai che un giorno mi ci porterai. Sarà, Sara, penso. Dopo, il benedetto sasso glielo cerco, ora continuiamo l'esplorazione. Percorro prima il bordo in senso antiorario, anche qui come nell’altra collina più in basso, paralleli al costone ci sono piccoli crepacci non più larghi di un metro per una decina di lunghezza, profondi abbastanza per farsi male. Quindi massima attenzione, specialmente quando si è incantati dal paesaggio circostante. Queste lingue di roccia  separate, sembrano ancora solide ma consiglio a chi  vuol fare escursionismo qui su, di evitare di camminarci sopra, prima o poi verranno giù, non acceleriamone il nefasto evento. Incontro vari   muretti bassi circolari, le famose torrette, qui in realtà sono più che altro dei ripari frangivento. Proseguendo la camminata verso il panorama sulla vallata per Marsalforn, trovo un abbozzo di sentiero che scende giù in direzione della First Shadow, anche se sparisce in un labirinto di vegetazione. Dopo quando dovrò ridiscendere, proverò a percorrerlo, probabilmente è un accesso più facile alla cima. Nella mia osservazione dal basso mi era sfuggito. Ancora pochi metri e l’affaccio sulla vallata è spettacolare, si vede anche il mare, lontano, blu in tutt’uno con il cielo. 
















Immortalo una piccola guglia staccatasi da madre collina per cercare la sua strada nel fondovalle. Proseguo il cammino ogni tanto guardo l’altopiano interno, si vedono degli alberi, muretti a secco, torrette e un mare d’erba e fiori.

Intravedo anche rare tracce di umani, tipo dei bidoni colorati, forse per raccogliere acqua piovana, non mi ci avvicino nemmeno, già da lontano guastano la vista. Sul versante nord est della collina trovo un sentiero carrabile che scende. Mi affaccio per capire, una ventina di metri più in basso c’è una bella coltivazione con annessa una casetta tipicamente contadina. Lascio momentaneamente  l’altipiano e scendo per il sentiero, anche qui, a parte il segno dell’homo sapiens, c’è un carnevale di colori della natura. Tutta la pendice è rigogliosamente ricamata di piante e fiori e gli immancabili fichi d’india. Trovo pure una grotta, fresca e asciutta, la visito fugacemente, scatto una foto ed esco.



Dopo un paio di tornanti del sentiero arrivo alle coltivazioni. Sono campi di cipolle, ordinate scrupolosamente con i loro pennacchi verdi che ballano nel vento. Vicino alla costruzione c’è un pozzo circolare di un paio di metri di diametro, con sopra una grata. Avvicinandomi al bordo in muratura, mi viene in mente un film dell’orrore. Ora mi affaccio e vedrò degli escursionisti curiosi prigionieri del contadino enigmista! Niente, solo acqua stagnante, per fortuna! Al posto dei turisti ci sono invece una decina di pesciolini rossi che scappano nel vedermi. Tutto intorno alla casetta disabitata, alberi di limoni carichi di frutto. Ne prendo uno per ricordo e lo infilo in tasca a far compagnia agli occhiali. Basta con tutta questa civiltà, ritorniamo su a far respirare l’anima. Risalgo velocemente il sentiero e continuo il cammino odoroso, dopo pochi metri mi imbatto in un campetto coltivato a cipolle. Allora sto contadino rompe veramente, penso. Ma possibile che per quattro cipolle, uno si deve spezzare la schiena fino a quassù? Se solo l'essere umano impiegasse  un decimo del tempo che impiega a sfruttare la terra per salvaguardarla, forse oggi non avremmo questo disastro ecologico che abbiamo. Non voglio rovinarmi lo spirito con questi negativi pensieri, lascio le cipolle al loro destino culinario e proseguo fino a raggiungere il versante nord della collina.

Anche qui vista magnifica, dietro l'orizzonte c'è la Sicilia la mia Italia, ci separano un ottantina di chilometri, in giornate terse se ne vedono le coste, e di notte le luci. Restando sull'isola invece, in fondo vedo un'altra collina tipica, la pianificherò per le prossime escursioni, non vedo l’ora di salirci per vedere finalmente, dopo tutto questo verde, solo l'azzurro del mare!


Sulla parte sinistra della foto si intravede l’abitato di Zebugg, altro paese caratteristico dell’isola, con vedute mozzafiato di splendidi tramonti sul mare.
Anche se contrario dalla mia natura schiva, cedo alla tentazione di un selfie, così da mostrarvi con chi avete a che a fare.


Questo programma di camminate, sarà importante per la mia salute sia fisica che mentale, mi permetterà di abbassare i miei elevati livelli di colesterolo e al tempo stesso, alzare la mia smarrita autostima. 

Lungo il versante nord della collina ancora senza nome, incontro i soliti avamposti in muratura a secco, una grotta che si apre con una porticina bassa da Hobbit sulla vallata e una strana pietra scolpita. Ricorda un po’ le antiche pietre miliari romane che si incontrano da noi. Romani colonizzatori, che in passato sono stati a lungo nell’isola, non come oggi da turisti o lavoratori. Pare che le incantevoli saline, patrimonio di rara bellezza, siano state opera loro, o per meglio dire, opera di quei nativi sottomessi in quel periodo storico.




La direzione della punta della pietra, indica la bella chiesa di Zebbug.



















Girando invece lo sguardo verso l’interno del pianoro, i colori indubbiamente cambiano. Mi ci dirigo, immergendomi nelle fragranze primaverili.




Dopo qualche decina di metri, il silenzio disturbato solo dal rumore del vento, cambia, sento un continuo ronzio di sottofondo a coprire tutto. Mi ritrovo nel mezzo di un impollinazione orgiastica di migliaia di api frenetiche. Con cautela torno sui miei passi verso il più sicuro baratro della collina. Se mi avessero considerato un intruso, questo resoconto ora non lo avrei scritto. 
Nel versante ovest il solito panorama verde azzurro, con all’orizzonte altre colline da esplorare, poco più in basso a destra, il paese di Ghasri (si legge Asri).


Ritorno verso il punto di partenza, camminando sul lato sud. Cespugli di timo combattono da sempre col vento come i soliti muretti bassi, immagino vi sarete stancati di sentirli nominare. Eccone uno tutto per voi, così non vi romperò più le scatole nel descriverli. 







Di sassi è pieno, comincio a cercarne uno per mia figlia Sara, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Mi ha chiesto, l’importante è che sia piccolo, ci mancherebbe altro che ridiscendo con un blocchetto! Cercando, vagliando e pensando, ritorno al nome da dare alla collina appena esplorata. La collina delle cipolle, non se ne parla proprio, dopo quella delle fave, mica stiamo qui a fare l'elenco ortofrutticolo! La collina delle api (Bees Hill) non è male, potrei anche chiamarla “la collina del sasso di Sara” (Sara’s Stone Hill), ma non se lo merita, quando all’improvviso, chinato nella ricerca della pietra, un rumore a pochi metri mi fa sobbalzare! Un coniglio nero salta fuori e in un batter d’occhio sparisce oltre la cresta! Ancora non mi rendo conto se  fosse reale, da quanto rapida è stata l’immagine, ma c’era. Il fato è sempre misterioso nei suoi accadimenti, e lo prendo come un segno ai miei interrogativi. “La collina del coniglio nero” (Black Rabbit Hill), questo sarà il nome della seconda collina. Speriamo solo di non averlo spinto incontro al cacciator silente giù da basso, non me lo perdonerei.
Trovo un paio di sassetti color rosso per mia figlia, ed uno più grande, sempre rosso, per me. Lo metterò su qualche mensola, nella mia casa Victoriana a testimonianza di questa Domenica alternativa. 
E ora di andare, trovo il sentierino nel lato sud est, lo discendo con cautela. A parte un passaggio, prima tra rocce sgretolate e dopo nella macchia fitta, in cinque minuti sono nuovamente al fresco della First Shadow. Anche oggi ho saltato il pranzo e la scarpinata mi creato un certo languore di stomaco. Nonostante il ritardo, credo che una italica spaghettata al volo avrà i minuti contati!
Riprendo la via di casa, la ormai consueta Yellow Red Trail, assaporando la beltà pacifica della natura. Poco prima del nero asfalto civilizzato, nascondo tra i soliti cespugli, l'amico Woody, che anche oggi mi ha sopportato senza emettere suono. Dovrà aspettare almeno sei giorni, prima che riconosca la mia mano.


Domani si ricomincia la settimana lavorativa, sono sicuro che volerà, perché avrò sempre nella testa e nel cuore, questi due giorni intensi, i primi, dopo un anno di ambientamento, con la consapevolezza ora, di fare parte integrante di questo nuovo mondo e di questa nuova porzione di vita.








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